Il turnover è un fenomeno che quasi tutte le aziende, prima o poi, si trovano a gestire. Ma cosa si intende davvero con questo termine?
Il termine indica il ricambio di personale all’interno di un’organizzazione, ovvero l’insieme di ingressi e uscite di dipendenti in un determinato periodo. Si parla spesso di turnover rate, cioè il tasso di rotazione della forza lavoro, calcolato come il rapporto tra il numero di cessazioni e il numero medio di dipendenti, moltiplicato per 100.
È importante distinguere tra:
- Turnover fisiologico: un livello “sano” di ricambio, legato a pensionamenti, scelte personali o dinamiche aziendali naturali.
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Turnover patologico: quando le uscite diventano frequenti, improvvise e non controllate, spesso legate a insoddisfazione, mancanza di coinvolgimento o scarsa leadership.
Le motivazioni che spingono un dipendente a lasciare la sua azienda possono essere molteplici: alcune sono individuali e difficilmente prevedibili, altre sono invece legate a fattori interni su cui è possibile intervenire. Le cause più frequenti sono: mancanza di opportunità di crescita, clima aziendale negativo, stili di leadership poco efficaci, squilibrio tra lavoro e vita privata, retribuzione o benefit non competitivi, carenza di onboarding o formazione.
Quali sono le conseguenze di un alto turnover per un’azienda?
- Costi di selezione e inserimento: ogni nuova assunzione comporta tempi e risorse dedicate a ricerca, colloqui, formazione e inserimento.
- Perdita di know-how e continuità: con ogni uscita, se ne va anche un pezzo di know-how, con il rischio di rallentare i processi e compromettere la qualità del lavoro.
- Impatto sul morale e sul clima interno: quando il turnover è alto, i dipendenti restanti possono sentirsi più sotto pressione, demotivati o incerti sul proprio futuro in azienda. Reputazione aziendale: un’azienda che perde spesso collaboratori rischia di costruirsi una reputazione negativa sul mercato, rendendo più difficile attrarre nuovi talenti.
Gestire il turnover in modo strategico non significa azzerarlo, ma ridurlo nei limiti di un ricambio sano e sostenibile, agendo sulle leve giuste. Quali accorgimenti possono essere attivati?
- Ascoltare e monitorare il clima interno
- Investire in formazione e sviluppo
- Curare l’onboarding e i primi mesi
- Lavorare sulla leadership
- Offrire flessibilità e benessere
- Rivedere il sistema di riconoscimenti
Il turnover è qualcosa con cui gli imprenditori devono fare i conti: non va temuto, ma compreso, analizzato e gestito con strumenti adeguati. L’obiettivo non è trattenere tutti a ogni costo, ma creare le condizioni perché le persone scelgano di restare, perché trovino ascolto, crescita e coerenza con i propri valori. Per far sì che questo si realizzi, il vero antidoto è una cultura aziendale solida.
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